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sabato 17 luglio 2010

millenovecentodiciassette e millenovecentodiciotto

Ha solo 10 anni quando il fratello Aurelio parte per il fronte...
...questi i suoi ricordi:

I SEGNI DELLA GUERRA:

Le lunghe file di prigionieri austriaci dai volti distrutti dagli stenti.

Le sere che andavo con mio padre nell'atrio della Prefettura a leggere i comunicati dal fronte.

L'angoscia che si vede sulle facce di tutti per la rotta di Caporetto.

Le donne vestite di nero, con le scarpe di pezza, fuggite dalle loro case distrutte dalla guerra, che vagavano nella piccola città con occhi smarriti e bocche che raccontavano disperazione con una parlata incomprensibile.

Il bellissimo volto di una ragazza friulana finita nelle mani di un vitellone imboscato.

Le tragiche colonne di autocarri che trasportavano soldati armati e sacchi di patate...

La bocca dolente e le lagrime di mia madre per il pensiero di Aurelio ancora al fronte.

I miei abiti fatti con panno grigioverde e le mollettiere che mi giravano attorno alle gambe in sostituzione dei calzettoni introvabili.

Le lunghe, estenuanti code agli spacci per portare a casa un chilo di pasta o farina.

Le rarissime lettere di Aurelio, col timbro di Valdobiadene di Pederobba, oltre quello rosso della censura.

La fronte scura di mio padre per le difficoltà nel lavoro.

La costernazione per i lutti improvvisi dei parenti.

I lunghi giorni di paura e di speranza.

E finalmente:

Il crepitio di mille, diecimila bandiere per la vittoria.

I garofani infilati nelle canne dei fucili dei soldati che sfilavano.

Lo smarrimento degli ufficiali che tornando alle loro case, ancora in uniforme, giravano da un caffè all'altro senza sapere che fare.

L'odore di caserma unito a quello di parrucchiere che sentii nella divisa di Aurelio, il giorno che tornò.

Tutti ricordi vivi, intrisi di patetica nostalgia, del millenovecentodiciassette e millenovecentodiciotto.

- Tratto da IL CAVALLO DI METAPONTO (autobiografia pubblicata postuma nel 1998).

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